Le organizzazioni cambiano, gli esseri umani molto meno
I cambiamenti che stiamo vivendo a livello organizzativo oggi, se per caso fosse sfuggito, sono paragonabili a quelli avvenuti nel corso della prima rivoluzione industriale. Allora l’introduzione delle prime catene di montaggio, delle automazioni e della standardizzazione dei processi modificarono radicalmente il contributo dei lavoratori e del capitale al risultato di azienda e sancirono la nascita dei primi studi sulla qualità del lavoro e della scienza organizzativa ponendo le basi per quello che evolverà più avanti nella cosiddetta cultura manageriale. Ci sarebbe da chiedersi se poi le cose, in realtà, siano cambiate così tanto nonostante l’incessante progresso tecnologico al quale abbiamo assistito e la consistente accelerazione ancora in corso.
Da molte parti (e molti studi) si parla mai come ora di “Human Age”, età del nuovo umanesimo, di riscoperta del ruolo degli individui all’interno delle organizzazioni e di necessità di nuovi leader che, a parere di esperti e studiosi di risorse umane, hanno il compito di guidare le nuove compagini societarie verso strutture sempre più estese, complesse, multiformi, in continuo cambiamento e estremamente competitive. E non vi è dubbio che gli uomini e i leader del 21° secolo siano per molti aspetti, diversi dai loro predecessori se non altro per il “brodo culturale” nel quale sono nati e sono stati immersi. Tanto è che sempre gli stessi esperti di studi, si prodigano a pubblicare analisi e ricerche sui fattori differenzianti le leve motivazionali delle successive generazioni; locuzioni come “baby boomers”, “Gen X”, “Millenials” (o GenY) e “Gen Z” stanno conoscendo una popolarità e diffusione mai vista prima, con l’effetto di porre una rinnovata enfasi sulle cosiddette “competenze soft” degli appartenenti alle stesse classificazioni. Lo sforzo, va detto, è senza dubbio significativo perché pone l’accento sulla necessità di modellare gli aspetti di motivazione proprio in ragione del differente “mondo di provenienza”; allo stesso tempo per altri versi, si dimentica di mettere al centro della questione organizzativa la reale centralità dell’essere umano quale polo di generazione di aspettative, emozioni, passioni e azioni che, al contrario, sembrano essere immortali e quasi immutabili, vive e pulsanti sin dalla notte dei tempi.
E’ forse la scienza psicologica e psicoanalitica quella che più di tutte si è arrischiata a ricercare questo senso di continuità all’interno del mondo interiore degli esseri umani che, in quanto tali sono, prima di essere “elementi di una organizzazione”, individui dotati di pulsioni e di desideri inevitabilmente portati con loro dentro queste stesse strutture organizzative. Sono soprattutto le figure dei leader che, a mio giudizio, devono interessarci perché da loro trarranno ispirazione i giovani e tutti coloro che saranno chiamati a partecipare a questa trasformazione epocale.
Chi sono oggi questi leader? Di quali valori sono portatori nella loro vita quotidiana e nelle organizzazioni? Per cosa vivono e cosa li motiva ad essere elementi e fonte di cambiamento? Come si rapportano con gli altri esseri umani e quale mondo relazionale creano intorno a loro? Domande molto importanti che devono potere guidare la scelta e la crescita dei leader nella nostra vita professionale e non solo.
Anche perché, nonostante la teoria organizzativa e le scienze comportamentali abbiano fatto passi da gigante, sono di fronte agli occhi di tutti gli esempi nel business e nella politica che mettono in risalto figure di comando lontane anni luce da ciò che sarebbe auspicabile (e suggerito anche dagli esperti), figure di leader che risvegliano in noi paure e ansie ancestrali e che tanto ricordano gli eroi più bui creati dalla mente del più grande drammaturgo di sempre: William Shakespeare.
In molti ritengono che la lettura e l’analisi dei testi delle opere del “bardo”, possa presentare ancora oggi innumerevoli fonti di ispirazione per chi si voglia avventurare nella difficile e a volte estrema pratica della leadership. Alcune delle sue opere mostrano una modernità sconvolgente nel raccontare proprio questi umani deragliamenti e queste insaziabili volontà e ci ricordano da molto vicino alcuni dei nostri “eroi” contemporanei. Ad esempio della ampia galleria di protagonisti-leader di William Shakespeare, metterei qui in evidenza il suo più oscuro e nero protagonista: Macbeth. Macbeth conquista il potere attraverso l’omicidio, anzi una serie innumerevole e rapida di omicidi che gli consentono di togliere di mezzo tutti i suoi più arditi e competenti rivali. E nella sua conquista del trono d’Inghilterra, perde la sua coscienza, le proprie regole, la propria integrità affermando con la forza la sua superiorità sul mondo e sugli uomini.
Afferma Paul Corrigan : “..Secondo il senso comune, tutto quello di cui abbiamo bisogno per essere grandi leader è una personalità molto forte. Poiché la leadership, prima o poi, si deve incarnare in un individuo, allora è necessario che quest’ultimo possegga la capacità personale e il carisma per poterla esercitare. Quello che mi sembra molto interessante da rilevare, tanto nei leader scespiriani quanto nelle concezioni della leadership sviluppate dal management moderno, è che l’individuo che dà corpo alla leadership, pur rappresentando una straordinaria risorsa, può anche essere un grande problema.”
E ancora Corrigan dirà: “Di solito i leader vengono presentati come individui provvisti soprattutto di un preciso sentimento di se stessi al limite dell’arroganza. Peter Drucker, dimostrerà come questo atteggiamento sia fallimentare, ma è allo stesso tempo interessante notare che anche Shakespeare lo ha fatto ben quattrocento anni prima!”.
Ma basterebbero solo alcuni brevi passaggi tratti dalla lettura diretta del testo di Shakespeare, ad illuminare e sanare in un solo colpo, i dubbi che ancora troppo spesso aleggiano sul reale significato della leadership e di quanto questa, ancora più spesso, sia completamente slegata dal potere e dal suo esercizio.
Macbeth V.2-3
Angus
“Ora sente i suoi segreti delitti
Appiccicarglisi alle mani. Ora, ad ogni istante,
Una ribellione gli rinfaccia la sua slealtà:
Coloro che comanda si muovono solo
Per Comando, non per amore. Ora
Sente il suo titolo cascargli addosso
Come il vestito di un gigante sul nano che l’ha rubato”
Alcuni riferimenti
William Shakespeare: (Stratford-upon-Avon, 23 aprile 1564– Stratford-upon-Avon, 23 aprile 1616) è stato un drammaturgo e poeta inglese, considerato come il più importante scrittore in lingua inglese e generalmente ritenuto il più eminente drammaturgo della cultura occidentale
Paul Corrigan: è stato direttore strategico del “National Health System” Britannico, consulente del partito Laburista e del primo ministro Tony Blair. E’ del 1999 la sua pubblicazione di “Shakespeare e il Management” – tradotto in italiano per edizioni ETAS. Alla redazione del testo hanno collaborato Tom Peters (McKinsey), Peter Drucker (Graduate Business School di New York), Rosabeth Moss Kanter (Harvard Business School).